Guida

Minimalismo e decluttering

Il minimalismo è la filosofia e lo stile di vita orientato alla semplicità intesa come ricerca consapevole, intenzionale, di ciò che è davvero utile o che dà piacere. Sviluppato e adottato soprattutto nel mondo anglosassone, è anche una risposta a uno stile di vita teso al sovraffolamento, che nelle abitazioni si traduce in possesso di troppi oggetti, mobili, capi di vestiario che creano disordine inteso come confusione sia fisica, sia psichica. 

Come ha scritto Silvio Gulizia nel libro Vivere intenzionalmente: “Il minimalismo è l’eliminazione del rumore di sottofondo. Applicato alla nostra vita, è uno strumento per concentrarci sulle cose più importanti di essa. Decidere cosa tenere e cosa eliminare. Applicare il minimalismo nella propria vita significa rimuovere quelle distrazioni che la società in cui viviamo ci caccia a forza per controllarci. Ovvero, dedicare tempo, attenzione ed energia solo a ciò che ha senso. Questo lo chiamo vivere intenzionalmente.”

Vivere secondo i principi del minimalismo significa scegliere e tenere con sé solo ciò che è importante, in tutti gli aspetti della vita: significa curare le relazioni, trovare l’equilibrio anche nel lavoro e nel tempo libero e coinvolge anche la cura dello spazio che chiamiamo casa.

Lo spazio in cui viviamo è fondamentale in una scelta di questo tipo. Proprio per l’indissolubile collegamento tra spazio psichico interno dell’essere umano e lo spazio in cui si abita, studiato dal Feng Shui e da altre discipline, il carattere minimalista degli ambienti diventa un supporto importante per questa profonda scelta di vita e ne sostiene la realizzazione completa. La progettazione degli spazi nel Metodo Abitare Naturale segue questi principi di essenzialità e semplicità di forme per una casa che sostiene il benessere.

Minimalismo e Architettura

Il Minimalismo nasce come corrente artistica negli anni Sessanta in reazione a una società consumista fondata su eccesso, apparenza ed esteriorità. il primo a usare il termine minimalismo fu il filosofo britannico Richard Wollheim nell’articolo Minimal Art, pubblicato nel 1965 dalla rivista Arts Magazine, una ricerca filosofica di ciò che definisce i criteri essenziali di un’opera d’arte. 

Ma è nell’Architettura che, fin dagli anni Venti e Trenta del secolo scorso, con il cosiddetto Movimento Moderno, si delinea una riduzione all’essenza delle forme architettoniche. La celebre frase “Less is more” dell’architetto tedesco Mies Van der Rohe, uno dei maggiori rappresentanti del Movimento Moderno, sintetizza la tendenza minimalista caratterizzata dalla semplicità compositiva e razionalità delle forme.

Diverse opere architettoniche di questo periodo e degli anni seguenti incarnano questi principi. Tra le più significative possiamo ricordare Casa Farnsworth dello stesso Mies Van Der Rohe del 1946, Ville Savoye di Le Corbusier del 1931, Casa Shroeder di Rietveld del 1924 ma anche opere più contemporanee come quelle degli architetti Alberto Campo Baeza o Kenzo Kuma.

L’altro riferimento culturale ineludibile è la filosofia Zen giapponese e la sua espressione nella casa tradizionale nipponica, che nella sua architettura esprime in modo evidente i principi fondamentali del minimalismo: arredamento minimale, linee essenziali, uso di materiali naturali realizzano uno spazio abitativo che vive in armonia sia con i suoi abitanti che con l’ambiente esterno.

Tutti questi riferimenti architettonici della tradizione e della modernità si fondono nella progettazione di una Casa Bio in legno: una casa non solo ecologica e compatibile con l’ambiente ma capace di sostenere il benessere psicofisico degli abitanti, dove l’essenzialità delle forme riflette uno spazio psichico e un modo di vivere consapevole e intenzionale, concentrato su ciò che è davvero importante.

Tiny House

Il movimento delle Tiny House (microcase), nato negli Stati Uniti, si è sviluppato di recente in tutto il mondo occidentale ed è un esempio concreto di filosofia minimalista applicata all’abitare contemporaneo.

Prima di diventare un vero e proprio movimento, l’idea di progettare piccole abitazioni e la descrizione della vita all’interno di esse era già stata oggetto di riflessione da parte di diversi autori. Il contributo maggiore arrivò nel 1998 dal libro “The Not So Big House”, opera dall’architetto inglese Sarah Susanka ed espressione dell’importanza della progettazione architettonica orientata alla qualità di un’abitazione e non alla quantità di spazio da essa occupato. 

Le microcase, fissate a terra o su ruote, sono una scelta originale ma motivata da una precisa volontà di assecondare le scelte di chi desidera vivere in luogo progettato su misura, semplice ma funzionale: uno dei portabandiera di questa filosofia di vita sostenibile è lo statunitense Jay Shafer, progettista e costruttore nel 1999 della prima Tiny House su ruote. 

Naturalmente, anche la sostenibilità economica è uno dei fattori in gioco nella scelta di ridurre lo spazio dell’abitazione, come dimostra la diffusione dell’interesse per le Tiny House emerso negli Stati Uniti in coincidenza della crisi immobiliare iniziata a fine 2006 con l’esplosione della crisi finanziaria generata dai mutui subprime.

Ai nostri giorni, le microcase sono l’oggetto dell’attenzione di chi cerca uno stile di vita ecosostenibile: oltre allo spazio ridotto ma funzionale, l’altro elemento fondamentale è il legno, la prima scelta per chi predilige una scelta rispettosa della natura e un materiale duttile e resistente, e che infine permette di realizzare abitazioni dal design qualitativamente elevato e del tutto funzionali, al pari di abitazioni più ampie.  

Se fino a oggi le Tiny House sono sempre state associate alla vita nella natura e realizzate negli spazi rurali, la sfida per il futuro sarà quella di inserire queste nuove forme abitative nel tessuto urbano. per esempio i microappartamenti all’interno di condomini: in diversi paesi, soluzioni di questo tipo iniziano a essere utilizzate per le abitazioni di studenti o di persone che vivono sole. 

Interni minimalisti: stile minimal, stile scandinavo e stile Japandi

I tre stili di architettura di interni che rispecchiano un modo di vivere minimalista sono lo stile minimal, lo stile scandinavo e lo stile Japandi, che pongono l’accento sull’essenzialità, l’ordine e il comfort, senza dimenticare un occhio attento alle scelte di design che si riflettono in scelte precise di arredamento e colore.

Lo stile minimal

Minimal, lo dice la parola, è una scelta di arredamento che privilegia la presenza di pochi mobili e complementi d’arredo e rinuncia o limita al minimo la presenza di altri oggetti o elementi decorativi: linearità, sobrietà, ordine sono le parole chiave per realizzare uno stile coerente, che punta all’essenziale ed esalta sia l’architettura dell’abitazione, sia il design degli oggetti che la arredano.

Elementi fondamentali per la realizzazione di uno stile minimal sono:

  • linee e forme regolari, geometriche
  • materiali classici come vetro, metallo e  legno
  • colori: lo stile minimal è sempre associato alla predominanza del bianco e della sua associazione all’idea di purezza, comunque accostabile ad altri colori sempre riconducibili all’idea di sobrietà come i colori pastello, il grigio e il nero 
  • luce naturale, con una progettazione accurata che la renda parte attiva del risultato finale.

Lo stile scandinavo

In contrapposizione con l’idea di freddo associata ai paesi nordici e ai loro lunghi inverni, lo stile scandinavo punta a dare vita ad ambienti caldi, confortevoli e luminosi, con una ovvia predominanza del bianco che regala la luminosità necessaria in territori dove la luce è scarsa, abbinato con sapienza a colori chiari e morbidi, scelti anche per gli elementi che completano l’arredamento come coperte, cuscini, oppure concedendo qualche incursione a colori più netti e audaci come il blu o il rosso.

La filosofia dello stile scandinavo include anche un esplicito legame con la natura e, sempre associandosi all’idea di armonia, regolarità e purezza, incorpora anche l’uso dei materiali ed elementi naturali come il legno, prima scelta per le pavimentazioni, di solito chiaro, ma anche il metallo e il vetro per complementi diversi come tavoli o lampade.

Lo stile Japandi

Lo stile Japandi fonde e ibrida lo stile scandinavo, contraddistinto dai colori chiari, e lo stile giapponese caratterizzato da toni più scuri, puntando tutto sulla semplicità e sull’essenziale. 

Le caratteristiche di questo stile sono:

  • l’utilizzo abbondante del legno nella sua colorazione naturale, tendenzialmente nelle sue essenze più chiare anche se non si escludono, correttamente abbinate, quelle scure 
  • la scelta di tessuti naturali come lino e iuta e complementi di arredi intrecciati in bambù e vimini
  • colori con toni naturali e neutri quali grigi e sfumature di beige o avorio ma anche toni più scuri nelle tonalità del verde e del blu
  • mobili e complementi di arredo devono essere pochi e scelti con attenzione, privilegiando quelli realizzati con materiali naturali e mescolando in modo consapevole artigianato e design contemporaneo.

La progettazione di interni che utilizziamo nel Metodo Abitare Naturale trae ispirazione da questi stili, utilizzati in abbinamento tra loro e applicando i principi del Design Biofilico e del Feng Shui per una casa in armonia con l’ambiente e gli abitanti.

Decluttering

Secondo Joshua Becker, autore del blog Becomeminimalist.com”, il minimalismo è “la promozione intenzionale delle cose alle quali attribuiamo il massimo valore, realizzata rimuovendo tutto ciò che ci distrae da questo intento”. Ma per condurre una vita minimalista o semplicemente prestare attenzione alla quantità di oggetti che ci circondano non è necessario, secondo Becker, andare a vivere in una microcasa o girare il mondo con uno zaino. È sufficiente e possibile applicare metodologie di riordino o decluttering alla nostra abitazione per raggiungere la condizione in cui gli oggetti contenuti siano solo quelli davvero significativi per noi.

Un’abitazione minimalista è quindi una casa dagli spazi non solo organizzati ma liberati consapevolmente dal superfluo, un sostegno per ritrovare se stessi e per migliorare il proprio benessere. Questa liberazione consapevole fa riferimento anche ai risvolti emotivi del “fare spazio”, non solo nell’abitazione ma anche nella propria vita, rimuovendo gli oggetti non necessari o legati a ricordi spiacevoli. 

Decluttering è infatti il termine che indica il concetto di “fare spazio” e lasciar andare il superfluo. Liberare lo spazio ha sia un effetto tangibile, sia un significato più profondo legato al legame emotivo con i nostri oggetti: liberarsene ha un risvolto benefico sulla psiche e sui nostri stati emotici. 

Decluttering non significa solo “mettere in ordine” ma raggiungere quello “stato di decluttering” che ci permette di dare attenzione e tempo solo alle cose che riteniamo importanti, con tutti i risvolti positivi sul nostro benessere psicofisico.

Per familiarizzare con il decluttering, può essere sufficiente seguire i consigli dei libri scritti sul tema quali  “Il magico potere del riordino” di Marie Kondo oppure, con l’aiuto di un consulente, avere un piano di decluttering personalizzato da seguire se si sente la necessità di essere accompagnati in questa fase: un piano personalizzato di decluttering può prendere in considerazione tutti gli ambienti della casa, definisce gli obiettivi, indica i tempi di realizzazione e gli strumenti necessari (consigli da attuare progressivamente, checklist di verifica) e prevede sempre alcuni colloqui individuali da programmare durante il percorso fino a raggiungere uno “stato di decluttering” soddisfacente e duraturo.